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by Silvia Urso
Aggiornato: 1 anno fa 2558
Gaminginsider-News-No al proibizionismo del gioco legale

L’eliminazione del gioco legale non è la soluzione. Né delle ludopatie né della lotta contro l’illegalità. Su questo convergono i risultati di diversi studi effettuati da vari ed autorevoli istituti di ricerca e centri studi che, anzi, evidenziano come il proibizionismo peggiori tanto la situazione del gioco d’azzardo patologico quanto il pericoloso sconfino nell’illegalità.

La soluzione è una normativa omogenea e condivisa, ma la Legge Delega si allontana dall’orizzonte

A un passo da quello che poteva essere un giro di boa per la tanto attesa riforma della normativa sul gioco pubblico, ci ritroviamo a dover arretrare di parecchie caselle: con la caduta del governo, la Legge Delega che aveva preparato il sottosegretario al MEF del governo Draghi, Federico Freni, subisce un’ulteriore battuta d’arresto. Forse l’ultima e definitiva.

E il comparto dei giochi rimane nella confusione che lo caratterizza da oramai troppo tempo, alla mercé di normative locali che non si dimostrano troppo lungimiranti e che sembrano voler cucire soluzioni troppo semplicistiche addosso a un comparto pieno di contraddizioni, la cui gestione andrebbe pianificata con cura, in considerazione dei diversi ambiti e dei possibili risvolti.

Troppi stereotipi e luoghi comuni nei confronti del gioco d’azzardo legale

Buona parte della politica dipinge il gioco d’azzardo come un nemico contro cui combattere, un pericoloso spettro che aleggia sul nostro Paese, desideroso di mietere vittime, e questa visione è spesso condivisa nell’opinione pubblica. Le rilevazioni dell’Osservatorio sul gioco pubblico 2020-2022, riassunte nel pamphlet Giocare da Grandi, evidenziano come nell’immaginario collettivo degli intervistati non giocatori, il giocatore d’azzardo sia visto attraverso la lente di luoghi comuni e stereotipi negativi.

La realtà, come emerge dalle parole del presidente del Censis, Giuseppe De Rita, è che “il gioco c’è, esiste ed il 40% della popolazione lo segue, nella maggior parte dei casi, in maniera ludica”.

Non è quindi negando questo presupposto, che è ben noto a tutti quanti, che si possono trovare soluzioni efficaci, ma prendendone coscienza e sviluppando, da qui, un buon impianto normativo che tenga conto del fenomeno a 360 gradi.

Il parere del Censis

Numerose ricerche del Censis hanno portato a determinare che politiche proibizionistiche applicate a comportamenti tipicamente umani non possono che relegare tale comportamento alla sfera del divieto e dell’illegalità. I dati raccolti nei periodi di lockdown confermano appieno questa visione, poiché si stima che, dal 2019 al 2021, il gioco illegale sia cresciuto di oltre 8 miliardi di euro (12 mld nel 2019, 18 mld nel 2020, oltre 20 nel 2021).

Quindi, se al calare del gioco legale aumenta il gioco illegale, appare chiaro che si necessiti una migliore gestione della sfera legale, che tuteli il giocatore, evitando che ricada nella trappola dell’illegalità e che si isoli, in balìa delle ludopatie. Sempre il presidente del Censis rimarca difatti come la ludopatia non sia un fenomeno collettivo, ma individuale, e che l’isolamento non fa che aggravare la situazione del giocatore che è caduto in questa rete.

Il Censis reclama la necessità di strategie ad hoc nei confronti del fenomeno del gioco d’azzardo patologico, attraverso una rete trasversale al Servizio Sanitario, a quello assistenziale, agli organismi del territorio, per un’efficace prevenzione e una efficiente gestione dei casi problematici.

Eurispes, Istituto Milton Friedman e ISS contro il distanziometro

Uno studio condotto da Eurispes ha portato l’istituto fondato e presieduto da Gian Maria Fara a concludere che il distanziometro non sia una misura efficiente, anzi che sia proprio controproducente nella lotta al gioco patologico. Le persone affette da ludopatie tendono, infatti, ad allontanarsi nel momento del gioco compulsivo, dato confermato anche dall’ISS. Parere decisamente allineato a questo era stato già esposto dalla dott.ssa Ciocci, criminologa e sociologa, qualche anno fa.

In termini di contrasto all’illegalità, il distanziometro è altrettanto negativo: riducendo l’offerta legale si ampliano le possibilità del canale illegale, come confermato dalle indagini condotte dalla magistratura negli ultimi anni.

Lo stesso Gian Maria Fara si è espresso negativamente sulle misure attuate dalle autonomie locali, che non esita a definire “fuori da ogni razionalità”. È strettamente necessaria, secondo Fara, una normativa nazionale uniforme, scevra da demagogia e moralismi.

Gli interventi politici decentrati sono condannati anche dall’Istituto Milton Friedman, che rileva la necessità di abbandonare i distanziometri regionali, che hanno dimostrato in più occasioni la propria inefficacia: al più, andrebbero sostituiti con una distanza minima omogenea in tutta la penisola.

Il direttore esecutivo dell’istituto, Alessandro Bertoldi, sostiene che le politiche attuate dallo Stato, che sia il potere centrale o le autonomie locali, stiano uccidendo il gioco lecito, ad appannaggio del mercato irregolare ed illegale, gestito dalle mafie, con un salto all’indietro di decenni.

Anche l’ISS ha manifestato dissenso nei confronti del distanziometro, in quanto strumento non efficace nella lotta al “problem gambling”. Dal suo rapporto emerge che il giocatore problematico preferisce locali lontani da casa e lavoro, quelli che gli assicurano una maggiore privacy.

Distanziometro ai danni dei lavoratori anziché del GAP, secondo CGIA di Mestre e Doxa

I diversi interventi da parte degli enti locali hanno spesso inasprito le misure che erano previste dal Decreto Balduzzi, allungando la lista dei luoghi sensibili, accorciando il raggio di attuazione del distanziometro e introducendo l’effetto di retroattività.

Questo, secondo il CGIA di Mestre, non solo ha creato frammentarietà normativa, ma porterà anche a una sostanziale impossibilità operativa nella maggior parte della penisola, con conseguente enorme danno per i lavoratori del comparto.

La perdita di posti stimata in Emilia-Romagna, all’applicazione della normativa, sarà di 3.700 unità sulle 5.200 attualmente occupate nel gaming.

La questione si aggraverà ulteriormente, secondo Doxa, alla scadenza delle proroghe e all’applicazione integrale del distanziometro, con gravi danni sul fronte del lavoro e dell’imprenditoria, ad oggi costituiti da 6.000 imprese, oltre 100.000 addetti e 120.000 punti vendita, numeri di certo non trascurabili.

Il criterio della retroattività, adottato da alcune regioni, aggrava ancor di più la situazione, poiché verranno eliminati anche i punti vendita già esistenti.

Il gioco legale come strumento di benessere

Le ricerche dell’Università Luiss Guido Carli riportano inoltre che il gioco in denaro, esercitato come tale e chiaramente nella sua deriva patologica, può esercitare benessere sui giocatori. E per questo motivo è importante garantire un’offerta di gioco equilibrata e regolamentata a dovere, evitando penalizzazioni del comparto, che risponde a una legittima domanda da parte di una rilevante quota della popolazione. Viene riconosciuto il ruolo chiave di una solida regolamentazione che contrasti il contrasto al gioco illegale attraverso una “strategia multivariate in grado di abbinare strumenti repressivi, telematici, informativi e culturali, anche per favorire la riduzione del gioco illegale inconsapevole”.

In attesa di capire quale sarà la sorte della tanto bramata normativa unificata e condivisa, non possiamo che sperare che la classe politica prenda in seria considerazione gli studi degli analisti e degli istituti specializzati, quali voci autorevoli sulle quali basare gli impianti regolatori, a beneficio di tutti gli attori del comparto.

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