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by Silvia Urso
Aggiornato: 4 anni fa 17321
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Il Coronavirus, oltre ad aver cambiato le abitudini, rischia di trasformarsi in un boomerang, nella misura in cui potrebbe costringere alcuni settori a delineare nuovi scenari e nuovi equilibri di mercato. Tra questi settori spicca anche il gioco d’azzardo, tra i più colpiti dall'emergenza pandemica nel nostro Paese fin dalla chiusura delle "vecchie" zone rosse.

La linea al settore è stata suggerita da Massimo Galli, infettologo del Sacco di Milano, che interrogato sulla riapertura delle attività e il rilancio dell’economia, ha chiarito che se programmare è un atto giusto, anticipare e correre è un atto diabolico. Il riferimento è alla cosiddetta "fase 2" della pandemia, quella che il premier Conte ha annunciato come fase di convivenza con il virus e in cui dovrebbe esserci la riapertura dei locali e delle imprese su tutto il territorio nazionale. Convivenza forzata e a cui bisogna abituarsi: il virus, infatti, non scomparirà con l’estate ed anzi, potrà riproporsi sotto altre forme ma comunque essere presente a inquietare la quotidianità di un mondo ormai sottosopra.

L’OMS, da questo punto di vista, ha lanciato l’allarme: un fermo anticipato delle restrizioni può solo favorire il virus, il suo impatto e la sua gravità. Il numero uno della protezione civile, Angelo Borrelli, da questo punto di vista è stato lucido: dinanzi ad un virus del tutto nuovo le previsioni sono azzardate e le uniche speranze sono nelle mani di un vaccino la cui elaborazione potrebbe vedere la luce anche tra dodici mesi. Una realtà con cui fare i conti, e il settore del gioco d’azzardo ne è ben consapevole.

I gestori di sale scommesse e sale gioco saranno ancora penalizzati, perché il distanziamento di almeno un metro, renderà ancora poco remunerati i centri in cui mantenere le distanze è di per sé difficile. Quei centri invece con maggiore spazio a disposizione potranno sopravvivere meglio, ma sfruttando, per così dire, la chiusura dei più piccoli. Di questa situazione, quasi apocalittica, dovrà tenere conto anche il governo, con nuovi provvedimenti a sostegno anche degli operatori, messi davanti, a loro discapito ed insaputa, ad una realtà completamente mutata. Questo scenario muterebbe tutto un mercato che andrebbe, dunque, riconfigurato: chiudendo i piccoli centri di scommessa si libererebbero dei diritti di ADM che, prima del lockdown di marzo, erano quasi tutti impegnati. E si aprirebbe la strada anche ad un possibile travaso da bookmakers senza concessione a Concessionari dei Monopoli di Stato. Balla, in questo scenario, anche la questione dell’imposta unica dovuta, come stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea nello scorso mese di febbraio.

Vale ancora la pena rischiare, laddove i bookmakers non vogliono prendere impegni precisi? Non è forse meglio fare azioni legali collettive, come si è auspicato in tempi non sospetti?

Ma la questione ha anche dei viceversa: perché mai continuare a pagare fitti ed altri oneri connessi ai locali se, soprattutto per i centri più piccoli, si prevede un flusso ridotto di clientela per via delle norme sanitarie attuali, obbligatorie già per farmacie e supermercati?

Parlare di ripartenza, ora, è prematuro ma quando ci sarà, continuerà ad essere condizionata dalle restrizioni contro il virus. Scegliere ora è come scommettere, a rischio e a convenienza.

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